Ricordati di Francis Turner quando hai paura - Fil Rouge n. 2
“Sì, a trionfare sono i disponibili”
C’è un giardino di acacie,
di catalpe, e di pergole dolci di viti –
là quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary –
baciandola con l’anima sulle labbra
all’improvviso questa prese il voloFrancis Turner, un malato di cuore (Antologia di Spoon River, Edgar Lee Masters)
Il giorno dei funerali di Fernanda Pivano fa caldo, ma restiamo tutti immobili e schiacciati dentro la basilica di Carignano, a Genova. È il 21 agosto 2009. Quella mattina di quattordici anni fa, me lo giuro: “Ricordati di Francis Turner quando hai paura”. Di quel ragazzo malato di cuore immaginato da Edgar Lee Masters, girovagando tra epitaffi, poi incorniciato nell’Antologia di Spoon River, tradotto dalla Pivano e cantato da Fabrizio de André. Sì, ricordati di quel “morto d’amore” che nella vita non può concedersi nulla. Non correre o giocare quando è ragazzo. E, una una volta adulto – per colpa della scarlattina – costretto a sorseggiare lentamente, a camminare piano, a restare tranquillo, a non esagerare (probabilmente nemmeno cominciare) con le emozioni; non sorprendersi per evitare malori. “Ricordatelo perché tu non sei malata di cuore – mi dico – nella vita si rischia”. Niente alibi, sarà fatto (e fin qui, è stato fatto). E tu, rischi? Quante persone conosci che rischiano davvero, senza fare calcoli, senza paracadute, raccomandazioni o “aiutini”? Ma chi è il pazzo che ancora ci crede e che rischia il crepacuore per un bacio sulle labbra a Mary? Francis Turner, esatto.
E che ne poteva sapere lui, in altri tempi, in luoghi senza grattacieli e telefoni, che un giorno ci saremmo trovati in una terra di mezzo, tra influencer e disinfluencer? Come avrebbe potuto mettere a confronto la sua mancata libertà, causa malattia, e la nostra presunta libertà, causa “influenze”?
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Seguendo il filo rosso che oggi lega cani robot, migranti nepalesi, rivoluzione porno e “villaggi della demenza”, inciampo in una notizia oltreoceano che dice così: La nuova tendenza sono i disinfluencer. Tradotto: creatori di contenuti che rifiutano le dinamiche standard, che ti dicono cosa non devi fare, cosa non devi mangiare, cosa non devi comprare in ogni settore, dal trucco ai vestiti, dalle automobili e ai collari per cani. Il trend viaggia soprattutto su TikTok (insieme ad altri fenomeni come la moda di farsi un video quando si presentano le dimissioni). Tutto è tracciato seguendo l’hashtag #deinfluencing. La strada porta a milioni di visualizzazioni.
Da una parte “produci, consuma, muori”; dall’altra “sì, ma è meglio se ti dico come si fa per davvero”. Siamo al centro di una guerriglia che sembra il set di una nuova pubblicità. Pensiamo di essere liberi, ma molto spesso, in casa si trovano le stesse marche di scarpe o di creme che circolano sugli account più noti. Un caso? Non credo. Siamo influenzabili? Che domanda: ma certo!
Scoprendo l’esistenza di un mondo fatto di “contro influencer” che consigliano anche come risparmiare, dove mangiare a meno di 10 euro, o come rispettare l’ambiente – secondo il loro punto di vista – boicottando o promuovendo qualche brand viene da domandarsi: è una nuova strategia? È una nuova modalità per farsi spazio nella piazza digitale? Fai come Francis Turner: scoprilo da solo e rischia.
In una vecchia intervista Pivano-De André sul personaggio cantato anche da Faber, lei fa questa domanda: “E allora possiamo concludere con la vecchia proposta di Masters, che a trionfare sulla vita è soltanto chi è capace di amore?”.
La risposta di De André avrebbe riassunto anche quest’epoca: “Sì, a trionfare sono i disponibili”.
Capito? I disponibili.