L’ostrica conduce un’esistenza terribile e al contempo eccitante. Tanto per cominciare, le possibilità che venga al mondo sono minime. Ma se ce la fa, se sopravvive agli strali del suo stesso, stravagante destino e se nelle due settimane della sua spensierata giovinezza trova un appiglio liscio e pulito a cui aggrapparsi, la sua vita adulta sarà una girandola di passioni e pericoli.
M. F. K. Fisher
Ho assaggiato la prima ostrica della mia vita a trent’anni, dopo aver letto Biografia sentimentale dell’ostrica, un libro trovato in un mercatino dell’usato, per caso. Fino a quel momento, non avevo mai tenuto in considerazione l’idea di mettere in bocca qualcosa di vivo, ma l’ho fatto. Dovevo assolutamente provare di persona tutto ciò che la Fisher mi aveva fatto immaginare. Cosi, prendo la macchina, direzione Costa Azzurra (perché le cose vanno fatte bene), ci spremo sopra del limone e mi sembra di ingoiare acqua di mare, come quando un’onda ti prende alla sprovvista. Sto assaggiando un miracolo della natura, sono estasiata più dall’idea che dal sapore.
Piccolo tesoro ermafrodita che cambi sesso sulla base delle necessità. Che essere strano sei tu che filtri acqua senza pausa e resisti. Metafora di tutto, tra la carne e il guscio: la perla si forma quando un corpo estraneo si ferma nella cavità palleale. Cioè, quando qualcosa la/lo (visto che non ha sesso) ferisce. Dunque, prova a “medicare” il male combinando calcio e minerali. Noi diremmo “andando a correre per sfogarsi e senza distrazioni”. Entrando dentro al dolore senza paura perché è così che si va avanti: chiudendo la porta, oltre. Via, tutto a posto.
Piccola ostrica mia, che molti mangiano senza sapere la tua storia coraggiosa, mai nei mesi con la “erre”, e senza essere masticata, così vuole la tradizione. Ma che ne sanno della tua poesia, un volta che arriva il conto? Si paga e si saluta. Eppure, tu trovi casa nel mio cuore perché immagino la tua fatica. Forse nemmeno sai cosa sia la fatica ed è semplice natura, ma la immagino ugualmente. Dietro di te, c’è Mary Frances Kennedy Fisher, classe 1908, che ne è certa: “In quel Paese – cioè la Francia – imparai a fare l’amore, a mangiare, a bere e a essere me stessa e non quello che gli altri si aspettavano che io fossi. Sono una donna nutrita in tutti i suoi appetiti”. Una donna che ha tutto per essere felice, tranne l’amore. Che arriva. Perché chiedi e ti sarà dato, questa è la legge. Così, già impegnata, ma piena di richieste, l’amore arriva: George Dillwyn Parrish, tutti lo chiamano Timmy. Impegnato anche lui, costruisce lo scandalo a quattro mani e si lascia ogni cosa in nome dell’amore. È il 1936, lei non sa di essere un talento letterario, lui prova a dirglielo con le parole giuste. Prima di tutto, si sceglie un luogo dove vivere (la Svizzera), poi una casa che sembra il guscio di una conchiglia: chi ha bisogno di uscire? Venite c’è una festa. La rivoluzione ha una sua architettura ed è fatta di muri demoliti. Sono i muri che separano la cucina dal salotto, non si fa. Chi lo dice? La società. Fanculo, li vedo davanti ai miei occhi, lo so perché il profumo della torta deve venirti a cercare quando sei seduto in poltrona. Dentro il guscio di conchiglia vive solo la legge del bene.
Ma ognuno di noi sa, che il destino non è questione di merito e che tutto può cambiare: Timmy ha un embolo, perde una gamba, dopo poco si toglie la vita. Ognuno ha la sua via di fuga, per Mary Frances è scrivere. Buttare giù lettere, capire il meccanismo di un essere così strano, l’ostrica, che appena si fa male produce cose preziose, come fa lei stessa scrivendo un libro che le mette la corona sulla testa.
Guarda come è strana la vita, stiamo qui a preoccuparci mentre Olivia perde il lavoro – siamo a San Francisco – perché costa troppo rispetto a ChatGPT, un ex agente dell’intelligence denuncia velivoli extraterrestri tenuti nascosti dal governo americano, e il “Dr. Deep Sea”, come chiamano uno scienziato fissato con il mare, perde mezzo pollice di altezza.
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Stiamo alla soglia, preoccupandoci, ma stando bene attenti a non farci del male. Che già lo fa il mondo in generale, il lavoro, mister X. Se solo capissimo che ogni granello di sabbia, ogni ostacolo, è ciò che ci rende preziosi… forse, cambieremmo idea su tutto. Forse, non avremmo più paura a provare emozioni. Forse, non staremmo qui a parlare di mariti e mogli avatar. Ci butteremmo nella mischia rischiando il tutto e per tutto. Come fa l’ostrica.