La maggior parte degli esseri umani ha una capacità quasi infinita di prendere le cose per scontate.
Aldous Huxley
Huxley che una volta si è fatto venire il dubbio che la terra sia l’inferno di un altro pianeta. E ammetto che, ogni tanto, è una domanda che mi faccio anch’io: che ci facciamo su questo mondo appeso nell’Universo?
Io vado a fare la spesa, questo è ciò che devo fare in questo momento. Sopraffatta dallo zaino con dentro il pc, la borsa, il cane, i “dove ho messo le chiavi?”, inizio a riempire il carrellino. Nei supermercati la gente sembra essere in uno stato di dormiveglia, sembra mattina. Si cammina lenti, ci si ferma. Si fanno calcoli, qualcuno lascia perdere. Un carrello è come un identikit: light, integrale, senza lattosio, di origine vegetale e non animale. La dieta di un povero che vive nel Medioevo è più o meno questa. Frutta e carne per i ricchi, il resto mangia segale, orzo, pane e zuppe. Poi, cavoli, zucche, cipolle e legumi. Minestra di ceci, hai presente? Oggi, si aggiungono farina, pepe e un pizzico di cannella, ma prima non c’era bisogno di insaporire nulla, certi ingredienti non erano proprio disponibili. La fame non ha bisogno di condimenti e nemmeno di un bell’impiattamento. Credo si avvicini all’idea di disordine. Come entrare in un vecchio rudere pieno di cose rotte che non si possono aggiustare. All’apnea dentro l’aria. È la signora Morte nella tua stessa stanza, ma che non ti considera, ti ignora ancora un po’. E in questo pianeta sospeso c’è tanta gente che la conosce non per sentito dire. Gente invisibile. Una specie di potere, penso, mentre guardo un ragazzo che si muove dentro il supermercato con una lentezza imbattibile. Non sta cercando niente in particolare, non vede nessuno, non controlla gli altri carrelli, non osserva il mondo. Fa solo che camminare pianissimo, e lo fa da invisibile. Nessuno lo guarda mentre ha dei pantaloncini sporchi di qualsiasi cosa. Una ciabatta è diversa dall’altra. Non lava i capelli da giorni. Arriva alle casse automatiche, mi guarda e dice che di solito i soldi per pagare li ha. Oggi, no. Passo un pacchetto di würstel e un cetriolo da 24 centesimi senza busta. Il totale fa meno di un euro: sono 83 centesimi. Con questi soldi non ci paghi nemmeno più un caffè, una bottiglia di acqua al bar o una brioche. Non ci paghi il tram, una rivista, un libro dalle bancherelle dell’usato. Se penso a come spendere un euro non mi viene in mente niente che non siano due bottigliette d’acqua alle macchinette: 50 centesimi l’una. Lui, ci sta per cenare. Non mi chiede altro. Ha fatto i calcoli meglio di tutti, qui dentro, come se a pagare fosse lui. Si prende un momento senza quel grande mantello dell’invisibilità sotto il quale prova a nascondersi, ma che non sempre funziona. Il telescopio James Webb che abbiamo incorporato, ci vede benissimo. “Grazie”, di niente.
Alle casse stiamo tutti zitti. I carrelli carichi di cibo per una cena del Medioevo fuori tempo sono sotto gli occhi di chi c’è. Il debito pubblico italiano è di 2.859 miliardi. Fuori è ancora estate, si capisce dal fatto che l’anta dell’armadio dei maglioni rimane chiusa; soffia ancora un vento caldo strano, che non è da temporale. Sta per iniziare una guerra economica tra Unione europea e Cina, gli scienziati chiedono una moratoria per gli esperimenti di bioingegneria. A Lampedusa gli sbarchi sono continui, si muore ancora lavorando, le ricerche dei dispersi in Libia (dopo l’alluvione) proseguono senza sosta.
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Penso che avrei dovuto aggiungere il pacchetto di cracker che avevo comprato, ma ero troppo distratta dallo sguardo sincero di te che dicevi: “Di solito ho un euro per pagare quel che mangio”. Ti credo senza esitazione. E via, verso l’inferno di un altro pianeta.
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